Il collegamento iniziale fra l’idea di una apocalisse incombente e una tecnica visiva efficace per realizzarla, mi è sembrato in principio irraggiungibile. In realtà una volta iniziato, il percorso è diventato fluido, ricco di stimoli e scoperte inaspettate. L’uso della fotografia mi ha guidato e suggerito gli effetti evocativi dei colori. La ricerca della bellezza ha alimentato, in questo mio ‘viaggio all’inferno’, l’irrinunciabile scintilla di ottimismo attraverso la contaminazione fra pittura, musica e poesia.
Affascinata da forme, colori, orditi, o altro, ho conservato nel corso del tempo mucchi di materiali vari, fra cui imballaggi per il trasporto di computer e stampanti, finché ho deciso di realizzare alcune serie di fotografie di paesaggi costruiti con questi materiali all’interno del mio studio e di introdurre negli stessi paesaggi vari oggetti e frammenti collezionati durante i viaggi di lavoro soprattutto in Africa.
Intrigante mi è sembrata l’idea di inserire in questi paesaggi artificiali la contaminazione anche concettuale fra elementi forgiati dal lavoro manuale e dalla fantasia umana o da forze della natura quali l’acqua e il vento, etc., e altri oggetti prodotti invece attraverso un processo di produzione puramente meccanico che ignora gli effetti perversi di disumanizzazione e le loro conseguenze sugli esseri umani.
Le immagini estremamente evocative prodotte attraverso la fotografia si sono rivelate una inesauribile sorgente di ricerca visiva. Nei lavori iniziali sono stati introdotti prodotti come carta vetrata, grasso per fucili, bitume, vernici speciali usate nell’edilizia, ecc. Immergere, sporcare, graffiare, irritare il corpo usando questi prodotti utili ma anche aggressivi, ruvidi al tatto, appiccicosi, talvolta maleodoranti, diventa parte affascinante di un processo d’immersione totale, in buona parte quindi anche fisico, nel tentativo di fare arte. Queste immagini hanno anche evocato una sensazione profonda di ansia e preoccupazione per la tendenza che mostra l’evoluzione umana e per l’impatto che la trasformazione in corso può avere sulla capacità di interazione fra gli stessi esseri umani. Nel III millennio siamo ancora testimoni di guerre devastanti e condizioni di vita aberranti per troppa gente innocente, per milioni di bambini. A questa idea sono ispirate alcune serie di lavori sulla guerra, l’inquietudine e la devastazione dell’ambiente.
I materiali, il loro riutilizzo, e la stessa tecnica di realizzazione e costruzione delle opere attraverso il percorso di stratificazione e sovrapposizione diventano la metafora di un processo di resistenza e opposizione ad una realtà sempre più “disumana” nel suo divenire, che può essere sovvertita e ri-diretta attraverso l’arte, la consapevolezza e la conoscenza.